Maxime d’Angeac, architetto parigino, Direttore Artistico di Orient Express.
La mostra “1925–2025: un secolo di Art Déco”, che riunisce un secolo di forme, maestrie e invenzioni, si apre con questo gesto: offrire al pubblico il primo sguardo su un’icona rinata, rimodellata con la stessa dedizione che, cento anni fa, guidò gli ensembliers nella creazione di universi totali. Oggi quella tradizione trova una voce sorprendentemente contemporanea nelle mani di Maxime d’Angeac, architetto parigino, Direttore Artistico di Orient Express, custode di un’estetica fatta di rigore, misura e luce. Lui non ama i riflettori, la sua è una clientela che preferisce la bellezza discreta, mai ostentata, la perfezione e la precisione di progetti custom e personalizzati, unici e durevoli.
La carrozza esposta non è un frammento museale, ma un corpo vivo del treno che tornerà a viaggiare. D’Angeac l’ha pensata come un organismo essenziale, in cui le linee sono precise, le proporzioni calibrate con disciplina, i materiali scelti per la loro capacità di esprimere tempo — non moda. Il suo disegno nasce dalla punta sottilissima di un pennino da 0,13 mm, l’inchiostro che scorre lento come un respiro trattenuto. Ogni tratto è una dichiarazione: l’eleganza non è decorazione, ma esattezza. Se il treno degli anni Venti era il manifesto viaggiante dell’Art Déco, quello del XXI secolo ne rinnova il linguaggio: integra sostenibilità e ingegneria evoluta, assorbe i vincoli di sicurezza, peso e vibrazione, eppure conserva lo stesso desiderio di bellezza e comfort che animava Ruhlmann, Dunand, Chareau e Prou. È un equilibrio sottile: tra memoria e tecnica, tra il battito lento dell’artigianato e l’efficienza del presente.
“Il futuro Orient Express rappresenta, prima di tutto, una sfida tecnologica. Un oggetto in movimento, complesso, caratterizzato dall’incanto del ritmo, plasmato dai progressi tecnologici e dall’evoluzione delle invenzioni. Anche oggi è il risultato di un’impresa ingegneristica”